I cereali integrali

I cereali come grano, segale, riso, avena, sorgo e orzo, sono semi di piante appartenenti alla famiglia delle Graminacee i quali costituiscono ormai da migliaia di anni un alimento base della dieta umana. Mentre la loro presenza è rimasta costante nei secoli, a cambiare è stato il modo in cui l’uomo li trasforma per cibarsene; infatti mentre fino all’epoca preindustriale i cereali venivano generalmente consumati e utilizzati in versione integrale, il progressivo affinamento del loro processo di molitura e lavorazione consentì la produzione di alimenti, quali la farine, sempre più raffinati ottenuti principalmente dall’endosperma del chicco separato dalla crusca e del germe.

Ogni chicco di cereale integrale è costituito infatti da tre sezioni distinte: la crusca, la parte esterna ricca di fibre, antiossidanti, ferro, zinco, rame, magnesio, vitamine del gruppo B e fitonutrienti, il germe interno ricco di vitamine del gruppo B, vitamina E, antiossidanti, fitonutrienti e grassi insaturi, e l’endosperma, ricco di amidi, proteine e tracce di vitamine e sali minerali. Mentre quindi i cereali integrali contengono l’intero patrimonio nutritivo del chicco, i cereali raffinati e i prodotti da questi ottenuti sono nutrizionalmente meno completi poichè la raffinazione presuppone la eliminazione della crusca e del germe e dunque perdita delle importanti sostanze nutritive in essi contenute.

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Alga kombu: una fonte naturale di sali minerali

alga kombu

Nella cucina orientale, e in particolar modo in quella giapponese, un posto importante nell’alimentazione quotidiana lo rivestono le alghe, che vengono considerate come le “nostre” verdure, cioè possono essere consumate come accompagnamento di alcuni piatti, sia da sole. A differenza delle verdure, però, le alghe contengono più sali minerali, derivati dalla loro origine marina, e quindi particolarmente indicate nella dieta degli sportivi.

Oggi scopriremo in benefici di un’alga molto diffusa, e cioè l’alga kombu, che è un’ottima fonte di iodio, carboidrati e proteine. Con il nome di alga kombu, diffusa soprattutto nella cucina giapponese, si intendono una serie di alghe brune appartenenti al gruppo delle laminarie, che crescono sotto la superficie dell’acqua. L’alga kombu viene molto usata in cucina per insaporire i cibi oppure come accompagnamento come fosse una normale verdura.

L’alga kombu è ricca di minerali, soprattutto di ferro, calcio, magnesio e iodio, tanto che viene raccomandata durante i trattamenti contro l’artrite, in caso di iper e ipotensione, nelle malattie  tiroidee e cardiovascolari.

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Colomba pasquale, quante calorie?

La più recente tradizione vuole che la colomba, il tradizionale dolce di Pasqua, sia stata inventata da Angelo Motta, il celebre industriale milanese dei panettoni, con la collaborazione di Dino Villani, uno dei fondatori dell’Accademia Italiana della Cucina, che si ispirò a propria volta alle cronache medioevali della “Historia Longobardorum” di Paolo Diacono, per concepire la colomba pasquale così come la conosciamo oggi.

Come ben sappiamo, si tratta di un dolce del tutto simile al panettone e al pandoro; questo almeno nella ricetta tradizionale la vede preparata “solo” con farina, tuorlo d’uova, zucchero, burro, scorze di agrumi canditi, lievito naturale, aromi naturali, bacche di vaniglia e miele e farcita con una glassa di amaretto. Tuttavia, già da diversi anni a questa parte le aziende produttrici di dolci natalizi e pasquali hanno proposto, in aggiunta e in alternativa alla colomba tradizionale, prodotti farciti con varie creme e comunemente glassati al cioccolato.

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Il miele: ad ognuna il suo!

tipi di miele

Mal di pancia? Raffreddore? Difficoltà a prendere sonno? Un paio di cucchiai al giorno di miele possono aiutare a risolvere numerosi piccoli disturbi. E importante è saper scegliere quello giusto. Perché ne esistono davvero tantissime va­rietà, ottenute dalle api a partire dai fiori ma anche dalle gemme o dalle foglie di alcune piante un vero e proprio integratore alimentare naturale consigliato anche a chi è a dieta.

 Se infatti non può essere considerato un alimento light (10g equivalgono a 30 calorie) grazie all’elevato contenuto di fruttosio è più dolce dello zucchero: ne occorre quindi di meno per ottenere lo stesso sapore gradevole. E non fornisce calorie vuote, ma tante sostanze preziose. Ecco una mini-guida che riassume le proprietà tera­peutiche dei nettari dell’alveare, da consumare da solo, sciolto nelle bevande, spalmato sul pane, aggiun­to allo yogurt.

Miele di acacia:  Ha colore chiaro, quasi trasparente, è liqui­do, leggero e delicato. Lievemen­te lassativo, è utile per le irritazioni della gola, per disintossicare il fe­gato, per combattere l’acidità di stomaco.

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Pop corn e bibite sono peggio del cibo da fast food

pop corn e linea

Al cinema sono un appuntamento obbligatorio per molte persone, ma pop corn e Coca cola, o un’altra bevanda gassata e zuccherina, rappresentano anche il connubio più pericoloso per la dieta. Se si mangiano spesso, infatti, il rischio di ingrassare è altissimo. In confronto il fast food può addirittura essere un esempio di alimentazione sana, ed è noto quanto hamburger e patatine fritte possano essere nemici della bilancia.

Un recente studio americano, commissionato dal Center for Science and Public Interest (CSPI) e condotto da un team di ricercatori ha spiegato e dimostrato come e perché i pop corn sono così deleteri per la linea. I ricercatori hanno calcolato che un’uscita al cinema può costare circa 1.160 calorie, pari quasi al totale fabbisogno giornaliero di un adulto. Per non parlare di grassi saturi, responsabili di varie malattie cardiovascolari e nemici pubblici delle arterie. Inoltre, l’accoppiata bibita-pop corn regala a chi la consuma una quantità di questi grassi pari a quella che dovrebbe essere assunta da un adulto nell’arco di tre giorni.

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Sì ai wurstel, anche se sei a dieta

wurstel a dieta

Quando si parla di wurstel i pensieri corrono alla tipica ricetta tedesca, wurstel e crauti, o alla sua versione europea, wurstel e patatine fritte, ovvero a una delizia per il palato che allo stesso tempo sembra essere un vero e proprio attentato alla linea. Niente di più sbagliato. I wurstel sono molto meno conosciuti di quanto si può immaginare. Su di essi circolano tanti luoghi comuni che non sempre corrispondono a verità.

Innanzitutto è importante tenere a mente che i wurstel non sono salumi. L’aspetto è molto simile, è vero, ma la sostanza è diversa sotto vari aspetti. Rispetto al salame o al prosciutto crudo, infatti, i wurstel hanno una percentuale di acqua maggiore (ovvero del 58 % in più), e la carne che contengono viene prima lavorata e poi affumicata. Inoltre, non vengono fatti stagionare in ambienti freschi, proprio per questo motivo devono essere conservati in frigo.

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Aspetti positivi del cibo sano

E un dato di fatto che un’alimentazione sana sia parte integrante di un programma di prevenzione generale. Dati recenti confermano che una dieta equilibrata può davvero avere un ruolo fondamentale di difesa: dai disturbi cardiovascolari, da quelli che coinvolgono il fegato e, soprattutto, da alcuni tipi di tumori. Una ricerca del Catalan Institute of Oncology, per esempio, ha dimostrato che chi segue un’alimentazione di tipo mediterraneo (55% carboidrati, 30% lipidi. 20% proteine) ha addirittura il 33% in meno di probabilità di ammalarsi di cancro allo stomaco.

Ma non solo: dare più spazio a frutta e verdura, cibi ricchi di sostanze antiossidanti, antinfiammatorie e con proprietà alcalinizzanti, protegge meglio le donne dai danni legati all’osteoporosi. Detto questo, le regole generali da seguire sono (e rimangono) semplici accorgimenti, non serve certo rivoluzionare le proprie abitudini, fare drastiche rinunce o cedere al salutismo estremo, dove la ricerca e la preparazione del cibo diventa una fissazione.

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Salsa di soia, calorie e valori nutrizionali

salsa di soia calorie

La salsa di soia è senza dubbio l’ingrediente della cucina orientale maggiormente noto e diffuso nei paesi occidentali; viene ottenuta dalla lavorazione dei semi di soia cui vengono aggiunti grano tostato, acqua e sale. Più precisamente esistono due tipologie principali di salsa di soia: lo Shoyu, che prevede l’aggiunta di frumento e il Tamari, che in realtà è solo una variante dello shoyu, che viene preparata senza frumento. Entrambe subiscono un processo di fermentazione naturale che dura 12-18 mesi, e si usano in purezza per condire insalate, verdure stufate, cereali, brodi, zuppe ecc. o come ingredienti per la preparazione di altre salse.

Tra le qualità nutritive della salsa di soia spicca senza dubbio il contenuto di sostanze antiossidanti, che è dieci volte maggiore rispetto a quello del vino rosso; tuttavia questa presenta anche un alto contenuto di sale e glutammato che la rendono sconsigliabile in diete povere di sodio e costituiscono per tutti un invito a consumarla con molta moderazione. Inoltre, quando addizionata di frumento, come nel caso dello shoyu giapponese, la salsa di soia è controindicata in caso di celiachia.

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Riattivare il metabolismo con le prugne secche

Un alto contenuto di minerali, tra cui potassio, magnesio e zinco, rende le prugne secche particolarmente indicate per mantenere il delica­to bilancio dell’equilibrio idroelettrolitico dell’or­ganismo, con benefici effetti sul metabolismo. In più, le prugne secche aiutano a conservare tonici e sodi i tessuti per via delle loro proprietà antiossi­danti dovute alla concentrazione di vitamina A (circa 19 mcg per etto), betacarotene e zinco. Grazie a una nuova tecnica di misurazione chiama­ta ORAC, che determina la capacità di tutte le so­stanze presenti negli alimenti di bloccare i radicali liberi è possibile individuiare le proprietà antiossi­danti di frutta e verdura, ed è inoltre consigliato consumare circa 3000-3500 unità al giorno.

Ebbene: la prugna secca raggiunge ben 5770 unità di ORAC ogni etto. Ne bastano quindi una decina al giorno per evitare smagliature e flaccidità. Per sfruttare al meglio le proprietà lassative delle prugne secche, provate a metterne a bagno 3-4 la sera prima di andare a dormire, per poi mangiarle a digiuno. Il mattino successivo bevendo sia l’acqua di ammollo sia un altro bicchiere di acqua. Attenzione comunque a non esagerare con il consumo di prugne secche, che possono causare effetti indesiderati come diarrea, meteorismo e flatulenza, dovute alla fermentazione zuccherina a livello intestinale.

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Alimentazione dei bambini: frutta secca per essere magri

Uno spuntino goloso, sempre pronto, che incontri il gusto di bambini e ragazzi: è la cosiddetta frutta secca, un alimento su cui è facile ricevere opinioni scordanti. Fa bene? Fa male? È adatta ai più piccoli o è assolutamente te da evitare? Vediamolo insieme. Innanzitutto, è bene fare una distinzione fondamentale la frutta secca rappresentata dai semi oleosi (noci, nocciole, pistacchi, mandorle e così via) e la frutta essiccata, ottenuta dalla disidratazione (all’aria o in forno a basse temperature) di molte varietà della frutta che viene di solito consumata fresca: uva, mele, albicocche, banane, prugne

Quest’ultima è povera di grassi ma ricca di zuccheri, oltre che di fibre e può contribuire ad aiutare un intestino un po’ pigro. Di contro, però, dato l’elevato contenuto di calorie, è necessario comunque limitare i quantitativi, soprattutto in caso di ragazzi con tendenza al sovrappeso.  Diverso è il discorso per la frutta secca propiamente detta, chiamata anche frutta a guscio lipidica perché povera di zuccheri e ricchissima invece di acid igrassi: in media, il contenuto lipidico va dal 55% al 65%.

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Differenze tra cioccolato fondente e al latte!

Cioccolato si o no? Spesso è un vero dilemma dover decidere se cedere o meno alla tentazione di gustare questo divino ali­mento (il nome ufficiale della pianta del cacao è theobroma, ovvero dal greco theos, Dio,  e broma, bevanda, e quindi “bevanda degli dei“), che però è molto nutriente e calorico. Il problema non sta tanto nel cacao in sé, quanto nella lavorazione e in tutto quanto viene aggiunto (mandorle, nocciole, aromi, frutta ecc.) per trasformare i semi dei frutti di questa pianta tropicale in tavolette o praline.

 La differenza tra cioccolato fondente e al latte dal punto di vista calorico non è così marcata. Infatti, se 100 grammi di cioccolato al latte ap­portano in media 560 calorie, una tavoletta fondente di pari peso ne fornisce circa 540. Però, mentre il primo è più ricco di proteine per via del latte (8% contro 5% circa) e ha più grassi (37% contro 34%), il fondente non ha colesterolo, presente invece nella versione al latte in misura del 16% circa, e contiene più fibre (fino al 14%, contro le 0-2% di quello al latte).

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La cura rassodante del cioccolato

cioccolato rassodante

Prima di acquistare il cioccolato sarebbe necessario leggere con cura l’etichetta e verificare il tipo di grassi che contiene: il burro di cacao, estratto con un processo di esposizione ad alte pressioni e temperature, è un grasso per lo più saturo, quindi da questo punto di vista non molto diverso da quelli animali (come il burro vaccino). Però, se questo ingrediente viene sostituito con grassi alternativi, il cioccolato può essere ancora più a rischio, perché rispetto ai grassi vegetali surrogati, il burro di cacao ha il pregio di non contenere grassi idrogenati o nella forma “tran”, che sono no­civi all’organismo.

Per legge, la presenza di eventuali surrogati del burro di cacao va infatti indicata in percentuale, e non deve essere superiore al 5%. Vale la pena di ricordare che tra i principali surrogati di burro di cacao ci sono quello d’lllipè, di karité, il kokum, quello prodotto dall’olio di palma, di colza e di mango e il grasso di shorea: tutte que­ste sostanze appunto possono essere miscelate in parte al burro di cacao, in modo tale da raggiun­gere la componente grassa necessaria per l’impasto del cioccolato. I prodotti con questo tipo di grassi andrebbero evitati. Soprattutto per via dei flavonoidi contenuti nel cacao, che hanno un’azione vaso protet­trice, il cioccolato (soprattutto quello amaro) contrasta l’ossidazione del colesterolo LDL (quello «cattivo”) e previene la formazione di trombi.

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Il the verde, antica bevanda benefica

Black iron asian teapot with sprigs of mint for tea

ll The Verde (nome scientifico Camelia Sinensis) è una varietà cinese di Long Jing, pianta ricca di elementi benefici per la salute, come i polifenoli e le catechine, sostanze che aiutano l’organismo con un effetto drenante e antiossidante. Già nell’antichità i cinesi sapevano che il the verde aveva il potere di guarire il mal di testa, e li aiutava ad eliminare le tossine ed a preservare la giovinezza. Ma solo nell’ultimo ventennio numerose ricerche scientifiche hanno dimostrato che i polifenoli presenti nel the verde sono potenti antiossidanti (più potenti anche della vitamina C ed E) ed hanno effetti anti- cancerogeni , anti-invecchiamento e azione probiotica; le catechine invece aiutano a migliorare alcune malattie e diversi disturbi dell’organismo.

In studi realizzati in laboratorio con alcuni topi si è dimostrato che le alte concentrazione di catechine aiutano a diminuire i livelli di colesterolo nel sangue e a mantenerlo dentro i parametri considerati normali. La Rivista di Nutrizione Clinica Americana ha pubblicato uno studio in cui si dimostra la relazione tra il consumo di the Verde e la perdita di peso, rendendolo un aiuto al problema dell’obesità, grazie all’effetto drenante e accelerante del metabolismo di questa bevanda.

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Latte di soia, calorie e valori nutrizionali

Il latte di soia è, come è facile intuire, una bevanda molto diffusa nei paesi orientali, ma già da diversi anni è facilmente reperibile in qualunque supermercato italiano anche grazie al suo impiego come sostituto del latte vaccino nei casi di intolleranza al lattosio o allergie alla caseina e nell’ambito delle diete di tipo vegano; si tratta infatti di un alimento completamente vegetale, costituito da un’emulsione di grassi, acqua e proteine,  e può essere ottenuto sia dalla lavorazione della soia intera che da quella della farina di soia.

Più precisamente per ottenere il latte di soia i “fagioli” di soia essiccati vanno immersi in acqua per almeno tre ore, quindi, una volta reidratati, vengono macinati; alla purea così ottenuta si aggiunge la quantità di acqua necessaria ad ottenere la consistenza adeguata e successivamente il liquido che ne deriva viene bollito e filtrato.

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Tofu, ottimo per la linea e la salute

tofu calorie

Il tofu, noto anche con il nome di formaggio di soia, è un alimento di origine cinese, molto diffuso nei paesi orientali, ricavato dalla cagliatura del latte di soia e dalla sua successiva pressatura in blocchi. Si tratta di un alimento molto ricco di proteine che, risultando sostanzialmente insapore e inodore, viene utilizzato come base per la preparazione di pietanze sia dolci che salate soprattutto nella cucina vegetariana.

Il formaggio di soia rappresenta inoltre un ottimo sostituto dei formaggi tradizionali per chi non digerisce il latte vaccino o è intollerante al lattosio ed è spesso presente nelle diete dimagranti grazie al basso contenuto calorico e al ridotto contenuto di sodio. Molto ricco di calcio (ne apporta una quantità superiore del 20% a quella del latte di mucca) apporta anche discrete quantità di minerali quali potassio, ferro e fosforo e di isoflavoni della soia, fitoestrogeni sempre più impiegati nella cura dei sintomi della menopausa, oltre che lecitina, che aiuta a tenere sotto controllo il colesterolo cattivo.

In commercio sono reperibili due tipologie principali di tofu: il tofu fresco e il tofu conservato; il primo viene prodotto direttamente dal latte di soia, il secondo si ricava dalla lavorazione del tofu fresco. A seconda della quantità di acqua estratta dalla cagliata il tofu fresco viene suddiviso a propria volta in tre varietà principali:

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Kamut, un possibile sostituto del frumento

Il kamut è un antico tipo di grano di origine egiziana, molto usato per la preparazione di pane e pasta in quanto la sua farina può sostituire quella di grano duro; l’uso di questo cereale ai giorni nostri si deve ad un coltivatore del Montana che propagò alcuni semi trovati in una tomba egizia, dopo essere tornato da un viaggio sulle sponde del Nilo. Negli anni settanta l’agronomo Bob Quinn si interessò a questo grano prodotto da quei semi egiziani e lo chiamò “kamut”, che vuol dire grano nella lingua egiziana antica; il nome scientifico del kamut è Triticum turgidum.

Rispetto al grano comune, il kamut è più ricco di proteine, ben il 40% in più, e di minerali, come il magnesio e lo zinco, inoltre contiene vitamine e acidi grassi insaturi; è un alimento molto energetico e quindi è indicato nella dieta degli sportivi e delle persone che devono riprendersi dopo un periodo di convalescenza, anche perché è facilmente digeribile.

La farina di kamut è molto dolce, tanto che il suo sapore ricorda quello delle nocciole e del burro, e può essere sostituita a quella di frumento in quasi tutte le ricette, anche se per adesso è usata soprattutto nelle preparazioni dolciarie.

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Fagioli azuki, ovvero la soia rossa

Molto diffusi nei paesi orientali, soprattutto in Giappone, dove sono secondi solo alla soia, i fagioli azuki rossi cominciano a fare sempre più spesso la propria comparsa sulle nostre tavole, anche grazie al numero crescente di persone che cominciano a seguire una dieta macrobiotica. Si tratta di piccoli legumi di colore rosso scuro cui ci si riferisce anche con il nome di soia rossa; tale denominazione però è erronea, poichè l’azuki è un fagiolo e condivide con la soia solo l’appartenenza alla famiglia delle leguminose.

Come la gran parte dei fagioli, gli azuki sono molto ricchi di fibre solubili e aggiungerli alla propria dieta è utile a regolare la motilità intestinale e a tenere a bada il colesterolo cattivo; rappresentano inoltre una buona fonte di sali minerali quali potassio, manganese, magnesio, ferro, rame, zinco e di vitamina B3 a fronte di un ridotto contenuto di sodio e di grassi. I fagioli azuki apportano inoltre un discreto quantitativo di proteine vegetali e consumati insieme a cereali ed altri legumi rappresentano un’ottima alternativa alla carne.

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Chiacchiere di carnevale, si ma quante calorie?

Chi di noi non è già caduto nella tentazione di sgranocchiare qualche chiacchiera di carnevale? Questo dolce tipico, che prende in realtà svariate denominazioni nelle diverse regioni italiane (sfrappole, cenci, frappe, galani, bugie), è infatti talmente diffuso in questo periodo dell’anno che non c’è pranzo domenicale o festa tra amici che non ne veda la presenza. E, complice il loro aspetto leggiadro, è proprio in queste occasioni conviviali che, quasi senza accorgersene, si finisce sempre per mangiarne qualcuna in più, completamente dimentichi del fatto che la loro irresistibile leggerezza è solo apparente.

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