Kebab: un attentato per la linea

Con l’arrivo del caldo e della bella stagione aumenta la voglia di mangiare all’aria aperta, magari gustando un panino al parco nella pausa pranzo. Attenzione però a che tipo di sandwich scegliete: se avete deciso di arrivare in forma alla prova costume tenetevi alla larga dal kebab, il panino di origine turca che sta riscuotendo grande successo tra gli italiani.

Non è possibile calcolare esattamente le calorie del kebab in quanto aumentano a seconda del tipo di salse e dei condimenti che vengono aggiunti alla carne; un gruppo di ricercatori inglesi ha stimato che un kebab nella versione panino può arrivare a contenere anche 1.000 calorie, insomma: una vera e propria bomba calorica, se tenete conto del fatto che una donna mediamente attiva ha bisogno di circa 2.200-2.500 calorie al giorno.

Senza arrivare agli eccessi evidenziati dai ricercatori inglesi, si può tranquillamente dire che un panino o una piadina kebab medi contengono circa 500 calorie ciascuno, che comunque non sono poche; vediamo come possono essere distribuite.

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La dieta degli sportivi

Come sono lontani i tempi di quando ai calciatori veniva consigliata una dieta pre-partita costituita da riso, bistecca e crostata… adesso, per fortuna, nessun serio nutrizioni­sta proporrebbe un’alimentazione standard e per categoria, ben sa­pendo che una risposta secca non esiste e infatti si parla es­senzialmente di “schemi alimentari” più che di diete ed il consi­glio è sempre quello di persona­lizzare la strategia alimentare. Fatta questa premessa veniamo a noi con alcuni consigli che val­gono per tutti: occorre equilibrare l’assunzione dei macronutrienti, carboidrati e proteine, tenendo presente che ri­spetto a qualche anno fa si ten­dono a consigliare più proteine e meno carboidrati semplici; occhio ai grassi, specialmente quelli subdolamente nascosti nei cibi; evitare le cotture con uso di molti grassi (fritti), le salse, i con­dimenti;

Non fate mai mancare frutta, verdura e cereali integrali (tavolette, fiocchi o muesli) per fornire vitamine e minerali, in modo parti­colare quelli con azione antiossi­dante (vit. A, C, E). Una buona alimentazione deve essere in grado di dare benessere (non deve in sostanza essere una punizione, una somma di priva­zioni) e naturalmente consentire un buon rendimento durante l’atti­vità sportiva, senza provocare di­sturbi o cali di prestazione. Nella strategia alimentare di una persona attiva, dunque, sono da ricercare le fonti energetiche più valide per consentirgli un rendi­mento ottimale lungo tutto l’arco della giornata.

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Gli alimenti funzionali, cosa sono, a cosa servono

Si definiscono funzionali tutti quegli alimenti dei quali, a prescindere dalle proprie caratteristiche nutrizionali, è stata scientificamente dimostrata la capacità di influire positivamente su una o più funzioni fisiologiche dell’organismo e, quindi, di contribuire al mantenimento del benessere riducendo al contempo il rischio di insorgenza di quelle patologie legate allo stile di vita alimentare.

Le componenti cui gli alimenti funzionali devono la propria efficacia non sono però nutrienti ma sostanze che interagiscono in maniera più o meno selettiva con una o più funzioni fisiologiche dell’organismo quali antiossidanti, probiotici, fibre alimentari e prebiotici con il risultato di mantenere il buono stato di salute di soggetti sani ma non di portare alla risoluzione di specifiche patologie.

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Formaggio probiotico per stimolare il sistema immunitario

I probiotici, e non solo quelli contenuti in yogurt e latte, sono già noti per la loro azione benefica nei confronti della flora batterica intestinale. Tuttavia, non si sapeva ancora nulla sulle possibilità offerte anche dai probiotici addizionati al formaggio. A colmare questa lacuna ci hanno pensato alcuni ricercatori finlandesi i quali hanno riportato i risultati di un nuovo studio sulle pagine della rivista FEMS, Immunology & Medical Microbiology. Il dott. Fandi Ibrahim dell’Università di Turku, in Finlandia, ha studiato insieme ai suoi colleghi gli effetti del HN001 rhamnosus e del Lactobacillus acidophilus NCFM, i batteri buoni contenuti nei probiotici addizionati al formaggio.

Per questo motivo hanno reclutato un gruppo di anziani di età compresa tra i 72 e i 103 anni, tutti ospitati presso una casa di cura. Gli arzilli vecchietti, suddivisi in due gruppi, sono stati invitati a consumare una fetta di pane con formaggio Gouda a colazione per quattro settimane. Quelli del primo gruppo avevano il formaggio addizionato di probiotici, quelli del secondo, il gruppo di controllo, formaggio placebo normale.

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I pistacchi fanno bene al cuore

Aggiungere i pistacchi nella dieta sarebbe l’ideale per ridurre i livelli di colesterolo cattivo, ovvero LDL, e per prevenire le malattie del sistema cardiovascolare. A sostenerlo è uno studio condotto dai ricercatori della Pennsylvania State University e pubblicato sulla rivista scientifica Journal of Nutrition.

Questi benefici derivati dall’assunzione di pistacchi sarebbero da ricercare negli antiossidanti contenuti nel seme che avrebbero la facoltà di agire contro lo stress. Gli antiossidanti sono contenuti in diversi tipi di frutta a guscio, ma pare che nei pistacchi siano presenti in quantità maggiori, e in particolare il beta-carotene, la luteina e il g-tocoferolo.

I ricercatori hanno condotto lo studio con l’ausilio di 38 adulti sani, di cui dieci maschi e diciotto femmine, di età compresa tra i 35 e 61 anni, tutti non fumatori e con livelli abbastanza elevati di colesterolo LDL; tutti i volontari hanno seguito la stessa dieta per due settimane e poi sono stati divisi a caso in tre gruppi.

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Abbassare il colesterolo con la dieta e i farmaci

I numeri forniti da Progetto Cuore, portale dell’Istituto Supe­riore di Sanità, durante “Obesity Day 2009“, sono inequivocabili: il 17% degli uomini e il 21% delle donne tra i 35 e i 74 anni è obeso, mentre sono in sovrap­peso il 50% degli uomini e il 34% delle donne. Infine il girovita, indicatore-sen­tinella di fondamentale impor­tanza nel definire la “sindrome metabolica“, una delle più co­muni patologie diffuse nel mondo occidentale, è cresciuto di 6-7 cm per l’uomo e di quasi 15 per la donna. Il 67% degli uomini e il 55% delle donne hanno problemi con la cir­conferenza della vita, nonché co­lesterolo e trigliceridi, diabete e ipertensione. Questo comporta inevitabilmente rischi cardiova­scolari.

Il colesterolo, in particolare, viene trasportato nel sangue dalle lipoproteine LDL e HDL: le prime sono definite “cattive” per­ché depositano il colesterolo sulle pareti delle arterie, le se­conde “buone” perché lo rimuo­vono. Il livello di colesterolo totale nel sangue è la somma di quello pre­sente nelle lipoproteine LDL, HDL e VLDL, e questo non è un dato che determina in modo as­soluto il rischio cardiovascolare; ciò che conta infatti è il rapporto tra le varie frazioni, che definisce l’Indice di Rischio Cardiovasco­lare (IRC).

Per mettersi sufficientemente al riparo dal rischio di un evento cardiovascolare, è bene che VIRC sia inferiore a 4 per l’uomo e a 3,7 per la donna. Potete calcolare il vostro IRC anche da soli, secondo questa formula:

IRC = Colesterolo totale / HDL

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La dieta degli italiani, com’è cambiata dal dopoguerra ad oggi

Molta più carne, frutta e verdura, meno vino, pasta e pane. Così è cambiata la dieta degli italiani dal dopoguerra ad oggi, almeno secondo i dati emersi dal rappporto Coldiretti-Censis sulle nostre abitudini alimentari. In particolare l’aumento dei consumi di carne si attesta attualmente intorno al 300% mentre per i consumi di vino si registra un calo di oltre un terzo. Qausi un addio invece quello degli italiani alla pasta fatta a mano cui viene preferita, probabilmente per ragioni di praticità ed economicità, la pasta prodotta industrialmente, al lardo e allo strutto, largamente sostituiti dall’olio extravergine di oliva che scalza (fortunatamente) anche la terribile margarina.

Quanto all’aumento del consumo di carne, questo riguarda soprattutto la carne bovina a scapito di quella di pollo (più magra) mentre a dare (forse) una mano ai consumi di frutta potrebbe essere stata l’introduzione di nuove varietà fra le quali il kiwi, arrivato nel nostro paese negli anni ‘ottanta. Sotto il profilo alimentare d’altra parte l’italiano è un consumatore versatile se è vero che nel carrello della spesa mette indifferentemente surgelati (69,6%), cibo in scatola  (58,7%)  e prodotti a denominazione (Dop e Igp) non disdegnando l’opportunità di fare acquisti direttamente dal produttore (41,4%).

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Gli alimenti che spengono la fame

Secondo l’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (INRAN) non esistono alimenti in grado di bloccare la sensazione di fame, ma esistono cibi con un alto potere saziante che possono in qualche modo bloccare il senso di fame per diverse ore.

Questi alimenti sono quelli molto ricchi di proteine come la carne, le uova, i legumi e il pesce, e quelli ricchi di grassi, in quanto vengono metabolizzati lentamente dall’organismo e rilasciano progressivamente energia, e quindi riescono a saziare; proprio per il loro alto potere saziante i grassi non vanno esclusi completamente dall’alimentazione quotidiana, anche se di certo vanno assunti con moderazione.

Per avere un senso di sazietà molto prolungato le fibre sono l’ideale, in quanto possiedono un elevato potere saziante, oltre ad essere in grado di rallentare l’assorbimento degli zuccheri. Il potere saziante delle fibre deve essere ottimizzato, ovvero accompagnate agli alimenti giusti; ad esempio, se consumate solo verdure, il senso di fame non sarà spento del tutto e in poco tempo avrete di nuovo voglia di mangiare, se, invece, oltre alle verdure assumete dell’altro cibo, il pasto sarà più completo e quindi la sazietà maggiore.

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Nessun beneficio per la salute del cuore da cioccolato caffè e vino rosso

I ricercatori non finiranno mai di stupirci, oggi ci dicono che una tal cosa fa bene, domani ci dicono che non è vero e poi, dopodomani, che è di nuovo vero e poi… in una catena senza fine. Oggi è il turno dell’Australian Heart Foundation che afferma come non vi sono benefici per la salute cardiovascolare nel mangiare cioccolato, bere caffè o vino rosso.

Questa novità su questi alimenti ritenuti antiossidanti, che secondo molti avrebbero un effetto positivo su cuore e arterie, è basata su una ricerca revisionale che ha analizzato più di cento lavori scientifici. Questi studi suggerivano cioccolato, caffè e vino rosso come parte di una dieta per il cuore, ma di fatto non lo sarebbero, almeno secondo la dott.ssa Susan Anderson, direttore nazionale del Heart Foundation national healthy weight.

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Tè Matcha, ovvero la miscela usata per la cerimonia del tè in Giappone

Vi abbiamo già parlato delle proprietà benefiche del tè verde giapponese, ricco di antiossidanti e di minerali, utili per stimolare il metabolismo, combattere la ritenzione idrica e bruciare i grassi, ma non vi abbiamo parlato di quello più famoso e consumato nel Sol Levante, ovvero il tè Matcha, ovvero quello usato per la cerimonia del tè.

Il tè Matcha fa parte dei cosiddetti “tè d’ombra”, ossia quelli che i coltivatori giapponesi fanno crescere nell’oscurità; con questa tecnica le miscele acquistano più vitamine, clorofilla e sali minerali, oltre ad assumere un sapore e un profumo più erbaceo, che poi è quello caratteristico del matcha.

Come tutti i verdi giapponesi, anche il matcha è ricco di vitamina C e possiede ottime proprietà tonificanti e diuretiche, aiuta a prevenire l’invecchiamento cellulare, contiene antiossidanti e beta-carotene in abbondanza, aiuta ad abbassare il livello del colesterolo e tutto questo a quasi a calorie zero.

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Lo spuntino di metà mattina, una nuova abitudine per gli italiani

Secondo il rapporto Coldiretti/Censis sulle abitudini alimentari degli italiani, lo spuntino è diventato un appuntamento irrinunciabile per due italiani su tre: il 62,3% di essi infatti si concede sempre una pausa per lo spuntino alla mattina, tra la colazione e il pranzo, mentre il 63,8% preferisce rimandarlo al pomeriggio (in questo caso si chiama merenda) per non arrivare troppo affamato a cena. Un buon 52,2% invece si ferma per mangiare qualcosa sia alla mattina che al pomeriggio.

Gli amanti dello spuntino sono soprattutto donne, giovani, single e residenti al Sud e nelle isole. Tra gli alimenti più gettonati troviamo: frutta e yogurt (molto bene), cracker, cornetti, brioche e merendine (un po’ meno bene). Sembra quindi che gli italiani abbiano fatto ampio spazio a questa nuova abitudine alimentare adeguandosi sostanzialmente all’indicazione della stragrande maggioranza dei nutrizionisti di consumare cinque pasti bilanciati al giorno.

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Il miglior modo per perdere peso? Rapidamente

In molti ritenevano che per il miglior modo di perdere peso e poi mantenerlo fosse quello di farlo lentamente. Un recente studio suggerisce il contrario. Per perdere efficacemente peso e mantenersi in forma bisogna farlo rapidamente. Ad affermarlo è uno studio condotto da un team di ricercatori dell’Università della Florida. La dott.ssa Lisa Nackers e colleghi hanno valutato le differenze tra i programmi perdita di peso in modo lento e la perdita di peso in modo veloce analizzando i dati di 262 donne obese di mezza età che hanno preso parte al programma TOURS, ovvero Obesity in Underserved Rural Settings.

Le partecipanti hanno seguito un determinato un programma per sei mesi che prevedeva una dieta ipocalorica e una moderata attività fisica, al fine di raggiungere una perdita di peso di 0,5 kg alla settimana. Al termine dei sei mesi le donne sono state seguite per un anno, in cui hanno beneficiato di un supporto che prevedeva, per due volte al mese, colloqui individuali e di gruppo, contatti telefonici e aggiornamenti per mezzo di newsletter.

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I cibi antiossidanti: dove possiamo trovarli!

Si è sempre detto che l’ossigenazione del sangue favorisce lo sforzo fisico, che i polmoni sono i responsabili degli scambi gassosi  che permettono di condurre una vita sana, poi, tutto d’un tratto, nel vasto mare degli integratori, delle medicine alternative, del farmaco, atto più a prevenire che a curare, ecco spuntare una pa­rolina diversa: gli antiossidanti. Le ossidazioni cellulari sono delle reazioni chimiche che av­vengono nell’organismo milioni di volte in milioni di cellule: rappre­sentano il prodotto finale di una degradazione, che porta alla for­mazione di radicali liberi, pro­dotti di “scarto” che si formano all’interno delle cellule quando l’ossigeno viene utilizzato nei processi metabolici per produrre energia (ossidazione).

Dal punto di vista biochimico, i radicali liberi sono molecole in­stabili in quanto possiedono un solo elettrone invece di due. Durante il metabolismo cellulare, i radicali liberi prodotti vengono trasformati in perossido di idro­geno (acqua ossigenata), dan­noso per le cellule. Una volta formati, i radicali liberi possono essere resi inattivati dagli antiossidanti che, fornendo l’elettrone mancante, permettono agli enzimi cellulari di tamponare la loro azione dannosa. L’azione distruttiva dei radicali li­beri si evidenzia in particolare nel precoce invecchiamento delle cellule e nell’insorgenza di gravi patologie.

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Il 40% degli italiani vorrebbe mangiare meglio ma non ci riesce

Secondo quanto emerso dal primo rapporto Coldiretti/Censis sulle abitudini alimentari degli italiani, il 37% degli abitanti del Bel Paese vorrebbe mangiare bene ma non ci riesce: di questi il 40,5% ha un’età compresa tra i 30 e i 44 anni e oltre il 40% sono donne, nel 43% dei casi casalinghe. Quasi il 33% degli italiani dichiara invece di seguire una dieta sana; tra questi si trovano soprattutto anziani (40,3%) e laureati (37,6%). Il 43% di noi d’altra parte è in sovrappeso e l’11% obeso.

Tuttavia, sempre secondo i dati del rapporto Coldiretti/Censis, questa situazione, per certi versi sconfortante, non è il frutto di disinformazione: quasi il 62% degli intervistati dichiara infatti di essere

molto informato sui valori nutrizionali, le calorie e i grassi riguardanti i vari alimenti

Nel 51,1% dei casi queste informazioni vengono ricercate e ottenute proprio sul web, mentre solo il 34% degli italiani si rivolge a quotidiani, settimanali e periodici, il 25,5% a familiari ed amici (25,5%) e il 25,6% ai negozianti e al personale del punto vendita per saperne di più su ciò che porta in tavola.

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Dieting, ovvero l’ossessione per la dieta

Oggi ritorniamo a parlare dei disturbi del comportamento alimentare con una tendenza sempre più diffusa tra le giovanissime, ovvero il dieting, parola con la quale si intende la tendenza ad essere sempre a dieta e a seguire diete sempre più rigorose.

Il termine inglese dieting potrebbe essere tradotto in italiano come sindrome da yo-yo, frutto di diete fai da te molto restrittive che fanno sì perdere peso, ma lo fanno riacquistare subito dopo, spingendo la persona a rimettersi subito a dieta; si crea così un circolo vizioso che vede un continuo mettersi a dieta che sfocia in dipendenza e ossessione da dieta, che nei casi più gravi si manifesta addirittura con crisi d’astinenza.

Secondo gli esperti riunitisi in questi giorni nel XXII Congresso Nazionale dell’Associazione Nazionale Dietisti, l’ossessione di essere continuamente a dieta è la nuova frontiera dei disturbi del comportamento alimentare; Giovanna Cecchetto, presidente dell’associazione, spiega:

Il dieting è la tendenza a sentirsi costantemente in obbligo di stare a dieta, spesso frutto del fai-da-te, che porta a diete iniziate e mai finite, incostanti e mal strutturate, che creano la sindrome da yo-yo, causa numero uno della dipendenza.

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Resveratrolo, un rimedio naturale contro la colite cronica

Gli studi sul resveratrolo, uno tra gli antiossidanti più famosi al mondo e contenuto in buona misura nel vino rosso, sono in costante aumento. Tra questi vi è un nuovo studio spagnolo i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista European Journal of Pharmacology. La dott.ssa Sánchez-Fidalgo e colleghi hanno indagato sulla possibile attività antiulcerosa del resveratrolo nel trattamento della colite cronica indotta dal Dextran Sulfate Sodium, DSS.

Innanzitutto hanno suddiviso in due gruppi alcuni topi e li hanno sottoposti ad una dieta standard. Inoltre, ad uno dei due gruppi sono stati somministrate 3 mg di resveratrolo al giorno per chilo di peso. Dopo 30 giorni di dieta nei topi è stata provocata la colite acuta per mezzo dell’esposizione al DSS per cinque giorni. L’infiammazione, da acuta si è trasformata in cronica dopo altri 21 giorni. Dalle analisi condotte si è evidenziato che nei topi trattati con il supplemento a base di resveratrolo la colite era stata significativamente ridotta in estensione e gravità. Inoltre il resveratrolo aveva contrastato i segni clinici prodotti dal processo infiammatorio.

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