Come funziona la dieta South Beach? Questo regime alimentare sembra essere molto facile da seguire e permette, da quel che è stato possibile osservare, di ottenere risultati abbastanza veloci.
Le origini della dieta South Beach
Ovviamente, come per tutti gli approcci legati all’alimentazione, bisogna anche capire quando sia utile seguirlo. La dieta South Beach nasce negli Stati Uniti nel 2003 e si basa essenzialmente sulla capacità di imparare ad alimentarsi nel modo corretto. Non si tratta di un regime alimentare che impone rinunce eccessive ed è stato studiato per aiutare le persone a dimagrire mangiando bene.
Il suo ideatore è Arthur Agatston, cardiologo del Mount Sinai Medical Center in Florida. Come spiegano gli esperti, la dieta South Beach può essere considerata un regime alimentare che distingue tra carboidrati “buoni” e “cattivi”, aiutando le persone a selezionare l’alimentazione più adatta alla loro condizione e alla perdita di peso.
Diciamo che è l’indice glicemico a essere preso in considerazione in modo importante, puntando a evitare il consumo di quei carboidrati capaci di generare un picco degli zuccheri nel sangue. Non dobbiamo dimenticare che il glucosio in eccesso viene trasformato in grasso dall’insulina. E quando questo si accumula, si rischia di cadere nell’insulino-resistenza, condizione che rende difficile bruciare i grassi.
I cibi che causano un aumento graduale del glucosio, invece, determinano una risposta insulinica più equilibrata, che impedisce la trasformazione dell’eccesso di zuccheri in grassi. Ed è proprio su questo principio che si basa la selezione degli alimenti all’interno della dieta South Beach, verdure comprese. Per questo motivo si dovrebbero preferire verdure a basso indice glicemico: le fibre, infatti, rimangono nell’intestino e sostengono il microbiota, mentre gli zuccheri delle altre vengono digeriti e trasformati in glucosio.
All’interno della dieta South Beach, è quindi consentito senza problemi il consumo di rucola, lattuga, spinaci, broccoli, cavoli, sedano e cetrioli. Detto ciò, questo regime alimentare è diviso in tre fasi.
Le fasi della dieta in questione
La prima fase, che dura due settimane, prevede l’eliminazione dei carboidrati ad alto indice glicemico e degli zuccheri raffinati, per favorire una rapida perdita dei chili in eccesso. È forse la parte più impegnativa, ma si tratta di una restrizione più qualitativa che inerente la quantità.
Ovviamente, è sempre bene moderare le porzioni con consapevolezza. È possibile consumare proteine magre, in particolare pesce ricco di grassi buoni come gli Omega 3. Non sono invece previsti alimenti come pizza, cracker, pane, pasta, riso e frutta secca. In questo modo si attaccano i depositi di grasso e si eliminano i liquidi in eccesso.
Nel corso della seconda fase vengono reintrodotti gradualmente i carboidrati con indice glicemico basso. Si reintegrano quindi cereali (ma solo nella loro versione integrale), latte scremato, frutta e verdura. Questa fase non ha una durata precisa, ma durante questo periodo zuccheri e alimenti ricchi di carboidrati raffinati devono essere consumati con molta moderazione.
Una volta raggiunto il peso desiderato, si passa alla terza fase, quella del mantenimento, molto simile alla fase due.
La dieta South Beach non è adatta a chi soffre di insufficienza renale o ha livelli elevati di acido urico, mentre è indicata per persone sane che vogliono perdere peso in modo veloce.