Come aprire uno studio da dietista?

L’alimentazione gioca un ruolo essenziale per la salute dell’organismo: per questo, nel tempo, sono nate varie figure professionali specializzate nel campo della nutrizione, come il biologo nutrizionista, il medico dietologo e, appunto, il dietista.

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Chi è il dietista?

Il dietista è un operatore sanitario appartenente al gruppo delle cosiddette “professioni sanitarie tecnico-assistenziali”, nel quale troviamo figure ben conosciute, come l’infermiere e il fisioterapista.

La sua attività consiste nell’elaborare diete per soggetti sani e con patologie (in quest’ultimo caso, solo dietro prescrizione del medico).

Presta, inoltre, consulenza per la definizione di piani alimentari per mense scolastiche, carceri e comunità e si occupa dei programmi di educazione e prevenzione della salute alimentare, in particolare contro i problemi legati al sovrappeso e all’obesità infantile.

Studi e formazione

Il primo requisito per esercitare la professione di dietista è la laurea triennale in Dietistica, corso appartenente alla Facoltà di Medicina e Chirurgia, presente ormai nella maggioranza degli Atenei. Dopo l’esame finale, con il quale si consegue l’abilitazione professionale, è necessario iscriversi all’Ordine dei Dietisti (istituito nel 2018).

A questo punto, è possibile svolgere l’attività in ambito sia pubblico che privato, come dipendente di strutture sanitarie e non.

Il lavoro subordinato, comunque, non è l’unica via percorribile: il dietista – come altre figure – può operare anche in qualità di libero professionista, rivolgendosi sia direttamente ad una clientela privata, sia ad aziende, associazioni, pubbliche amministrazioni, ecc..

Aprire uno studio da dietista

Il dietista che intende avviarsi alla libera professione deve provvedere, innanzitutto, all’apertura della Partita IVA (utilizzando il Codice ATECO 86.90.29 – Altre attività paramediche indipendenti nca) e alla ricerca di uno spazio adeguato dove ricevere i suoi clienti.

Diversamente dalle strutture sanitarie (es. ambulatori, cliniche), gli studi medici e professionali in genere non necessitano di particolari requisiti, né di autorizzazioni da parte di Comuni e Regioni. Pertanto, è possibile aprire uno studio all’interno di un qualsiasi edificio che rispetti le norme di sicurezza (es. impianti a norma, abitabilità).

Se l’immobile lo consente, il dietista può scegliere di adibire una parte della propria abitazione come sede per lo studio. In alternativa, un buon modo per risparmiare sul costo dell’affitto e sulle utenze (es. luce, riscaldamento, connessione ad Internet, ecc.) è optare per uno studio associato, ovvero uno spazio condiviso da più professionisti, nel quale, però, ciascuno di essi mantiene la propria indipendenza.

Tasse e contributi: quanto paga un dietista?

Oltre che alle spese per l’affitto dello studio, il dietista libero professionista deve provvedere, con cadenza annuale, al pagamento delle tasse e al versamento dei contributi.

A quanto ammontano? È possibile fare delle previsioni?

Partiamo dalle imposte, che costituiscono la “fetta” più piccola.

Difatti, per il dietista che sceglie di adottare il regime forfettario, vi è solo un’unica imposta con aliquota al 5% (per i primi cinque anni, per chi rientra nei parametri dell’aliquota “start-up”) o al 15%, che si applica sul reddito imponibile. Ossia, sul 78% del fatturato incassato, meno l’importo dei contributi versati nello stesso anno.

I contributi previdenziali, invece, si calcolano sul reddito lordo (ossia sul 78% del fatturato incassato), con aliquota al 25,98%.

Dunque, su un eventuale incasso di 15.000 €, il dietista versa:

  • 455 € / 485 € di tasse all’Agenzia delle Entrate;
  • 3.039 € di contributi alla Gestione Separata dell’INPS.
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