Acqua e limone fa davvero bene?

Acqua e limone fanno davvero bene? Questo rimedio naturale viene spesso “venduto” come panacea. La realtà dei fatti ci racconta che pur essendo effettivamente benefico per l’organismo, possiede anche i suoi contro.

Acqua e limone non è per tutti

Acqua al limone, senza titoli sensazionalistici, è una bevanda che può effettivamente apportare al nostro organismo vitamine ed elementi importanti. Ma allo stesso tempo non è adatta a tutti e non solo per via del suo sapore. Spesso e volentieri tendiamo a confermare come irrinunciabili delle abitudini che sono poco più che leggende metropolitane.

In questo caso in molti sono convinti che acqua e limone sia in grado di far ripartire l’organismo, dare una spinta al metabolismo e farci iniziare la giornata in modo migliore.

La ricerca scientifica non ci conferma né smentisce questo fatto. Nel senso che sono troppo pochi i dati in tal senso per poter dire che faccia davvero bene. Ora, è composta da limoni: agrume mediterraneo in grado di fornire vitamina C e altri elementi naturali al corpo. Di certo non ci fa male, dato che ha funzioni antireumatiche e antiuricemiche nonché ipotensive conclamata. Come tutti i cibi contenenti vitamina C aiuta ad assimilare il ferro che si trova nei vegetali e aiuta a digerire.

Il famoso canarino che viene dato a fine pasto in alcuni casi è proprio a base di limone. Per secoli è stato sempre consumato come astringente davanti a una peristalsi troppo attiva. E non di rado è stato utilizzato anche per curare l’acne, le scottature, le verruche e le micosi della pelle.

Negli anni è stato possibile provare scientificamente la sua validità in tal senso in molti casi. Come è stato smentito che il limone sia in grado di cancellare i tatuaggi con l’esposizione solare.

Benefici ma anche problematiche

Bere acqua e limone quindi consentirebbe di unire il beneficio dell’idratazione a quello dell’assunzione di questo agrume. Lo ripetiamo: non è qualcosa per tutti. E la ragione sta principalmente nella sua acidità. Acqua e limone infatti può aumentare e peggiorare sintomi di ulcere, bruciore di stomaco, e i problemi di reflusso gastroesofageo.

Viene considerato come uno stimolante del metabolismo ma va sottolineato che non ci sono prove che lo faccia realmente. E singolarmente ogni elemento non ha effetti dimagranti. Ecco quindi che per quanto si possa beneficiare dall’assunzione di acqua e limone dobbiamo non dimenticare che sono tra i frutti più acidi presenti in natura. E che il loro consumo estremizzato può anche arrivare a rovinare i denti. Può peggiorare lesioni all’interno della bocca e portare al mal di stomaco nel caso venga bevuta a digiuno.

Colesterolo cattivo, cosa mangiare e cosa no

Quando vogliamo abbassare il colesterolo cattivo o LDL, seguire una dieta sana ed equilibrata è basilare. In particolare dobbiamo fare attenzione agli alimenti che selezioniamo per il nostro sostentamento.

Come combattere il colesterolo cattivo

Quello del colesterolo cattivo alto è un problema che colpisce molte persone in tutto il mondo. Non di rado è accompagnato da problemi di salute generale e da un maggiore rischio di malattie cardiache. Cosa possiamo mangiare per abbassarlo? E cosa dobbiamo evitare per forza?

Quando si parla di colesterolo cattivo è importante limitare al minimo il consumo di alimenti che possono causarne la crescita nel sangue. Ovvero dobbiamo evitare in particolare quei cibi ricchi di grassi saturi come i latticini interi, formaggi stagionati, burro e carni grasse. Allo stesso modo dobbiamo tenerci lontani da cibi ricchi di grassi trans come quelli fritti, gli snack confezionati, le patatine fritte e prodotti da forno di tipo industriale.

Anche gli zuccheri sono qualcosa dal quale dobbiamo tenerci il più possibile lontano. Soprattutto se presenti sotto forma di bevande zuccherate, dolci di diversa tipologia e anche alimenti ad alto contenuto di zuccheri semplici in generale.

Se vogliamo combattere il colesterolo cattivo possiamo però contare su alcuni alleati da inserire nella nostra dieta. Per prime le fibre solubili, dato che si legano al colesterolo presente nel tratto digestivo e consentono di eliminarlo dal corpo. Fonti di questa tipologia di elemento sono cereali integrali, semi, legumi, frutta e verdura.

Ottimo l’aiuto dagli acidi grassi omega 3

Ottimali per combattere il colesterolo cattivo anche gli acidi grassi omega3 che possiamo trovare nel tonno, nello sgombro, nel salmone è più generalmente nel pesce azzurro. O nelle noci. Ovviamente per combattere questo valore del sangue possiamo mettere in atto anche delle vere e proprie strategie come quella della limitazione dell’assunzione di sodio, in modo tale da proteggere il nostro apparato cardiovascolare. Possiamo consumare alimenti o bevande ricche di antiossidanti in modo da ridurre l’infiammazione e proteggere il cuore.

Sono differenti le cause alla base del colesterolo alto e sono legate non solo al comportamento alimentare ma anche a una possibile ragione genetica nella incapacità dell’organismo di gestirlo.

È importante tenere sotto controllo questo valore per assicurarci un buono stato di salute del nostro organismo. È per tale ragione che dobbiamo tenerci più lontani possibile dai cibi che possono rappresentare un fattore di rischio e favorire l’inclusione di quelli che consentono di proteggere il nostro sistema cardiovascolare. Allo stesso modo non dobbiamo dimenticare l’importanza di una regolare attività fisica e il mantenimento di uno stile di vita sano.

Placare la fame, cosa fare

Come placare la fame nel modo giusto? Conoscendo in maniera importante quelli che sono gli stimoli e da cosa dipendono. Senza avere paura di affrontare la situazione nel modo più corretto.

fame nervosa

Placare la fame conoscendola meglio

Dobbiamo infatti ricordare che la fame è controllata da segnali di diversa tipologia e complessità. Questo ci deve portare a imparare a gestirla nel modo più consono alla sua origine. Non possiamo pensare di placare una fame nervosa come faremo con un eventuale bisogno reale di cibo.

Placare la fame quindi passa anche attraverso la conoscenza relativa alle reazioni del sistema nervoso centrale, ormoni e intestino. Tenendo conto che l’ipotalamo è una zona importantissima per quel che concerne l’appetito. Quando abbiamo fame, infatti, questa parte del nostro encefalo rilascia dei neuropeptidi stimolanti di una certa tipologia, differenti dalla leptina che produce nei momenti di sazietà.

Quando abbiamo bisogno di placare la fame dobbiamo scoprire se ciò che sentiamo è effettivamente causato da un bisogno fisiologico o se riguarda quella che possiamo considerare fame nervosa. In questo caso infatti parliamo di un modo che ha il nostro corpo di affrontare uno stato emotivo alterato. Qualcosa che ci porta a dar vita agli episodi di alimentazione incontrollata.

Ecco come regolarci

rimedi naturali contro la fame nervosa

Come gestire quindi la situazione e placare la fame nel modo giusto? Prima di tutto dobbiamo fare delle scelte alimentari di tipo consapevole. E questo significa comunque scegliere sempre degli alimenti capaci di donarci i nutrienti di cui abbiamo bisogno. Puntando magari su dei cibi che siano in grado di farci sentire sazi più a lungo, come carboidrati complessi, grassi sani e proteine magre. Allo stesso tempo dobbiamo stare attenti a tenerci lontani dai cibi ad alta densità calorica.

L’acqua in tal senso può darci una mano perché ci consente di far funzionare al meglio il nostro sistema digestivo e allentare i morsi della fame. In particolare se la nostra fame è di tipo emotivo bisogna cercare di abbattere le cause alla base, lavorando potenzialmente su una terapia che ci consenta di sistemare quelle situazioni che ci creano stress.

Se vogliamo placare la fame possiamo puntare su un frutto, su una verdura od ortaggio facile da mangiare come il finocchio, una mela, qualche pezzo di frutta a guscio. Ma ancora più importante dobbiamo assicurarci di dormire abbastanza di notte. Dormire bene infatti consente di evitare una produzione eccessiva di grelina, l’ormone che stimola l’appetito.

Insomma, per essere sicuri di placare la fame nel modo giusto dobbiamo non solo selezionare cibi che ci consentano di stare bene ma anche verificare la presenza di problematiche emotive, al fine di risolverle nel modo giusto.

Acqua, quando è meglio berla?

Quando è meglio bere acqua? Soprattutto con l’arrivo della bella stagione e la necessità di depurare il nostro organismo, sapere quando idratarci è basilare per stare in salute.

Tanti i benefici di una corretta idratazione

Fra le altre cose, una corretta idratazione e la giusta gestione dell’acqua consentono di poter utilizzare questo fluido come un vero e proprio alleato per perdere peso. Partiamo da un presupposto: l’acqua, al suo interno, contiene tutta una serie di sostanze nutritive basilari per il funzionamento del nostro organismo.

I più importanti sono i sali oligominerali, ma più generalmente possiamo dire che bere ci aiuta a rinforzare le difese immunitarie e a tenere lontani complicanze ossee e cardiovascolari.

Inutile dire che sia anche uno degli strumenti più importanti per regolare la temperatura corporea e recuperare energie. Non importa ingerirla sotto forma di tisana o al naturale: non deve mai mancare durante le nostre giornate. Generalmente si sostiene che sono circa due i litri da bere ogni giorno per mantenersi in salute. Entrando più nello specifico, questa quantità può cambiare a seconda delle condizioni patologiche della persona.

In base al funzionamento dei nostri reni e delle nostre necessità potremmo dover bere una quantità di questa maggiore o minore. Quel che è certo è che avere un organismo idratato consente di avere una pelle luminosa ed eliminare le scorie e liquidi in eccesso.

Tra i favori che l’acqua ci fa c’è anche quello di farci sentire sazi quando beviamo prima dei pasti. Idratandoci in quel momento non solo riusciamo a introdurre una sua maggiore quantità nel corpo ma tendiamo anche a mangiare di meno.

Quando è meglio bere acqua

acqua sali minerali

Quando è meglio bere acqua quindi? In realtà non esiste una vera e propria regola su come suddividere la quantità giornaliera da assumere. Di certo bere prima può aiutarci per favorire un senso di sazietà. Berne a piccoli sorsi nel corso dei pasti ci consente di sostenere in maniera corretta la digestione del cibo e l’assorbimento dei nutrienti.

È un po’ la ragione per la quale, secondo alcuni studi, un’alimentazione sana e bilanciata insieme a una idratazione efficiente può essere un valido percorso da seguire per perdere peso. In linea teorica si dovrebbero bere almeno 8 bicchieri di acqua al giorno. In questo modo i due litri medi da assumere fanno meno paura, anche a chi non ha un rapporto buonissimo con questo fluido.

Ed è importante comprendere che la quantità da ingerire non solo cambia in base alle esigenze legate a potenziali patologie ma deve essere calcolata anche in rapporto al clima e all’attività fisica che viene eseguita.

Dieta povera di potassio, attenzione alle verdure

Se si ha bisogno di seguire una dieta povera di potassio gli alimenti ai quali bisogna fare più attenzione sono frutta e verdura. Proprio quelli che di solito consumiamo in buone quantità all’interno di un’alimentazione sana.

Niente integrale in dieta povera di potassio

È incredibile quanto potassio possano contenere quegli alimenti che di solito consumiamo e che consideriamo salutari. È importante sottolineare come in realtà questi lo siano, ma se si hanno problemi di una certa tipologia e si necessita di seguire una dieta povera di potassio, automaticamente smettono di esserlo.

Prendiamo ad esempio i finocchi: praticamente perfetti sotto ogni punto di vista all’interno di un regime alimentare sano, hanno un contenuto abbastanza alto di potassio che, se unito alla pasta integrale, può far salire i livelli con facilità. Se il corpo non ha problema a smaltirlo con le urine tutto va bene. In caso contrario i valori salgono e si ha bisogno di rivedere l’intero impianto alimentare.

Una dieta povera di potassio non consente di mangiare liberamente frutta e verdura, soprattutto se i livelli sono medio alti. Ecco quindi che all’interno di un regime alimentare specifico per questo problema si possono consumare mele e mirtilli entro un certo limite.Ma non altri frutti. Avendo cura di cuocere la prima per sicurezza.

Per quel che riguarda le verdure all’interno di una dieta povera di potassio la questione si fa ancora più complessa. In questo caso infatti il metodo di cottura è basilare per perdere tutto il potassio in eccesso rispetto a quello di cui si ha bisogno.

Attenzione al fabbisogno giornaliero

Il fabbisogno medio giornaliero di una persona si aggira intorno ai tre grammi. Per rimanere nei ranghi vi è la necessità di eseguire per molte verdure, soprattutto quelle contenenti potassio alto (che andrebbero evitate), una doppia bollitura.

Bisogna iniziare con una prima cottura di diversi minuti e a metà della bollitura necessaria scolare, inserire nuova acqua e riportare a bollore fino alla fine della cottura. Ovviamente il sapore in questo caso non sarà entusiasmante. Ragione per la quale sarà meglio puntare su un condimento leggero e all’agro con altri elementi poveri di potassio.

Non potendo lavorare più di tanto sulle carni se non favorendo il consumo di pesce, è possibile agire sui cereali. Quando si ha la necessità di seguire una dieta povera di potassio bisogna mettere al bando quelli di tipo integrale e puntare su quelli bianchi o sul riso e polenta. In particolare questi ultimi due alimenti contengono molto meno potassio anche rispetto alla pasta di semola.

75 hard challenge, è pericolosa?

nonLa 75 hard challenge è in pratica una sfida contro se stessi per perdere più peso possibile. Una nuova tendenza inventata da Andy Frisella non solo per il corpo ma soprattutto per la mente.

Cosa è la 75 hard challenge

Quando chiamiamo in causa la 75 hard Challenge non parliamo semplicemente di un approccio motivazionale a una vita sana ma di qualcosa che il suo inventore definisce un programma di resistenza mentale trasformativa.

Qualcosa che non è propriamente adatto a tutti perché potrebbe apportare a livello mentale ancora più danni rispetto a quelli che una persona potrebbe presentare nel momento in cui si approccia a tale tendenza. La 75 hard Challenge presenta delle regole semplici ma rigide: due allenamenti al giorno di cui uno all’aperto, una dieta che punti al miglioramento fisico dove sono assolutamente vietati gli alcolici e gli spuntini fuori pasto. E lo scattare una foto quotidianamente per mostrare i progressi ottenuti. A tutto ciò deve essere aggiunta la lettura di 10 pagine di un libro ogni giorno e il bere tre litri e mezzo di acqua in 24 ore.

Quando ci chiediamo se questo approccio è pericoloso, la domanda è lecita. Tre litri di acqua al giorno sono una misura eccessiva per moltissime persone. A livello fisiologico. Quindi già partendo da questo punto la challenge non è adatta a tutti. Ancor peggio è il dover ricominciare da capo se si fallisce in uno dei punti.

Non adatta a tutti fisicamente

Ora, va sottolineato che sul suo sito Frisella indica la necessità di richiedere prima un consulto medico per comprendere se la persona sia adatta a seguire questo approccio. In linea teorica la challenge, che è stata lanciata nel 2019, nasce anche per migliorare l’autostima della persona, la sua fiducia, la sua forza e la sua perseveranza.

Dopo 75 giorni di questo approccio alla Iron Man, di sicuro chi ha iniziato il percorso avrà letto almeno 750 pagine. Avrà imparato a mangiare in modo differente, sarà estremamente idratato e potrà verificare il suo progresso giornaliero. In realtà, come sottolineano gli esperti, si tratta di un approccio che presenta più criticità che altro.

Non viene specificato quale tipo di attività fisica deve essere fatta due volte al giorno. Senza contare che non si può dare per scontato che tra il lavoro e la famiglia le persone possano averne il tempo. Non è una novità che alcuni non riescano nemmeno una volta a settimana.

Ritornando alla quantità di acqua da bere, come già anticipato può andar bene per alcune persone ed essere deleteria per altre. Senza contare che per l’autostima lo scattare una foto al giorno potrebbe avere effetti distruttivi.

Finocchi, perché fanno bene

Perché i finocchi fanno bene e dovremmo mangiarne in grandiose quantità? Abbiamo un’idea di quanto si adattino perfettamente a qualsiasi regime alimentare controllato. Spulciamo ora le ragioni dietro alla loro importanza.

 

i benefici dei finocchi

Partendo prima di tutto da un presupposto: sono ortaggi davvero ipocalorici, in grado comunque di provocare sazietà e avere un’azione rinfrescante grazie alla loro quantità di fibre e acqua. Detto ciò una delle principali azioni benefiche dei finocchi nei confronti del corpo umano è quella di favorire la digestione. Soprattutto negli adulti che soffrono della sindrome del colon irritabile e di costipazione il finocchio funziona come un omino in grado di ripulire l’apparato digerente. Favorendo l’eliminazione delle tossine grazie alla sua ottima quantità di fibre.

I finocchi sono anche un ortaggio perfetto per abbassare i livelli di colesterolo cattivo. Sono molti gli studi che dimostrano come gli alimenti ricchi di fibre, specialmente quelle solubili, siano in grado di portare a un riequilibrio dei livelli di colesterolo nel sangue. Ciò significa che introdurli nella propria dieta dà modo di combattere il rischio di eventi cardiaci, anche grazie alle dosi di potassio contenuto al loro interno.

Se questo non dovesse bastare tra i benefici dei finocchi vi è anche quello di contrastare i radicali liberi grazie all’ottima presenza di vitamina C. Il solo bulbo può essere in grado di fornire quasi il 50% della razione giornaliera di questo elemento. Questa vitamina in particolare favorisce allo stesso tempo la formazione di collagene aiutandoci a rimanere giovani.

Aiutano a mantenere bassa la pressione

Il finocchio aiuta anche a mantenere sotto controllo la pressione sanguigna, favorendone l’abbassamento moderando l’infiammazione grazie al suo contenuto di potassio e ai suoi bassi livelli di sodio. Non ci possiamo ovviamente aspettare dei risultati immediati, ma il consumo di questa verdura è in grado di favorire un generale benessere dell’organismo che si rifletterà anche sulla pressione sistolica.

Soprattutto le donne possono riscontrare un beneficio importante dal consumo di finocchi. Questi potrebbero infatti essere in grado di migliorare i sintomi della menopausa. Una ricerca ha preso in analisi 90 donne in post menopausa di età compresa tra i 45 e i 60 anni che presentavano sintomi moderati. La somministrazione di una capsula al giorno di estratto di finocchio per 8 settimane ha mostrato di essere in grado di alleviare la sintomatologia di questo stato, in coloro che presentavano bassi livelli di estrogeni.

Questi ortaggi possono essere quindi considerati davvero un elisir di salute se consumati nel modo giusto. E un ottimo strumento per perdere peso.

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Personal Coach: l’aiuto in più per ottimizzare la dieta

Che mangiare bene sia importante non ci sono dubbi, tanto per chi si trova a mantenersi in forma quanto per chi decide di intraprendere un percorso ad hoc per depurarsi o dimagrire. 

La sola alimentazione, tuttavia, non si rivela sufficiente. A confermarlo è l’autorità per eccellenza in Italia quando si parla di salute e benessere, ovvero l’Istituto Superiore di Sanità, il quale ha dedicato diversi report e iniziative che vedono al centro movimento, sport e corrette pratiche legate al mangiare.

personal coach

Per imparare ad allenarsi in maniera ottimale una delle soluzioni attualmente più interessanti è quella che vede al centro il confronto con un personal coach specializzato, in grado di supportare l’individuo così da permettergli di raggiungere i propri obiettivi.

Se una volta era possibile usufruire di tale servizio unicamente tramite alcune palestre oggi sono diversi i portali online che consentono di mettersi in contatto con professionisti qualificati e che hanno conseguito un percorso ad hoc. 

Una soluzione che rende possibile migliorare la propria condizione psico-fisica con effetti positivi sia sulla vita privata che su quella lavorativa.

L’importanza dell’attività fisica

I benefici di una dieta equilibrata, varia e bilanciata sono noti. Quello su cui invece non si pone mai abbastanza attenzione, e nel nostro blog non a caso ne parliamo spesso, sono i benefici impareggiabili che permette di realizzare quando abbinata a una costante e mirata attività fisica.

Sempre citando l’ISS, lo sport è unanimemente considerato dagli esperti come uno tra gli strumenti principali nella prevenzione delle cosiddette malattie croniche non trasmissibili e quindi nell’ottica della stessa promozione della salute e di una migliore qualità della vita. Un discorso che vale a tutte le età e per entrambi i sessi. 

Si tratta, inoltre, di una pratica che presenta benefici oltre che prettamente individuali anche relazionali e che si rivela efficace per contrastare una delle problematiche più comuni nel tempo presente: la sedentarietà, una condizione da combattere il più possibile visti gli effetti tutt’altro che positivi.

Non tutte le persone amano le stesse discipline e uno dei vantaggi che comporta un personal training a domicilio è proprio nella possibilità di capire in base alle proprie attitudini, preferenze, caratteristiche ed esigenze quale percorso si rivela più adatto.

Come lavora un private personal trainer

Un personal trainer a domicilio riesce a intervenire in maniera mirata personalizzando il piano di allenamento e adattandolo alla situazione della singola persona. Allo stesso tempo mette in campo un’azione motivazionale di supporto, aiutando a mantenere costante l’impegno e la voglia di fare esercizio.

Le lezioni avvengono, in tale modalità, a domicilio, ovvero nella propria abitazione, sia in presenza che, volendo, da remoto, in maniera non meno efficace e persino in orari più comodi.

Il private trainer lavora tenendo conto anche della dieta e delle abitudini che la persona segue, offrendo preziosi consigli da integrare in base al dispendio di energie derivante dalla pratica fisica, senza mai sostituirsi a un nutrizionista (quando presente) ma portando comunque delle competenze valide.

La prima fase è necessariamente conoscitiva e valutativa, tanto della situazione in essere che delle caratteristiche della persona. Porta alla definizione degli obiettivi che si stabilisce di raggiungere. 

Si tratta della cosiddetta anamnesi, non dissimile da quella che viene approntata nel rapporto medico-paziente. Solo dopo tale momento potranno cominciare le sedute vere e proprie di allenamento.

Tra gli strumenti utilizzati ci saranno i test di valutazione generale, quelli inerenti la composizione corporea e altri specifici, ad esempio riguardanti la resistenza muscolare. Sono validi per capire il livello e le modalità da attuare dal punto di vista dell’approccio non solo sportivo ma anche psicologico.

Personal coaching: nota finale

I risultati che permette di raggiungere un personal training a domicilio sono tali solamente nel momento in cui si decide di affidarsi a un professionista che risulti in possesso dei titoli, dell’esperienza e delle competenze del caso: qualcosa di cui appare essenziale accertarsi.

Allenarsi con un personal coach a casa assicura di conseguire i propri obiettivi per quanto riguarda la forma fisica e la condizione di benessere, realizzando esercizi sempre diversi e capaci di non stancare mai, efficaci, divertenti.

Il raggiungimento dei risultati viene costantemente monitorato in relazione a quanto definito durante la fase iniziale, con eventuali adattamenti in corso d’opera, ottimizzando gli effetti positivi che presenta una corretta alimentazione.

Capodanno a dieta? Con giudizio

Capodanno, al pari del Natale, è la festa dove un po’ di più ci si lascia andare ai peccati di gola. Dobbiamo passarlo a dieta? Cerchiamo di trovare una via di mezzo con giudizio.

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