Ketchup, ma il problema è davvero il sale?

Il colosso americano Heinz ha di recente annunciato, sul sito della CBS, che ridurrà del 15% il contenuto di sale del suo famosissimo ketchup. La versione light di una delle salse più amate al mondo sarà introdotta in commercio, almeno negli Stati Uniti, già la prossima estate e permetterà, almeno nelle intenzioni dei produttori, a coloro che sono affetti da ipertensione e alle donne da sempre in lotta contro la cellulite di concedersi un pizzico in più di questa bontà.

L’iniziativa è senza meno lodevolissima e si sposa perfettamente con il rinnovato interesse per il cibo sano che negli ultimi tempi sta investendo fette sempre più ampie della popolazione americana. Tuttavia bisogna ammettere che il ketchup, al contrario di quanto si pensa comunemente, di per se stesso non rappresenta un attentato nè per la linea, nè per la salute, soprattutto se realizzato solo con ingredienti freschi e genuini; per la sua preparazione vengono infatti impiegati pomodori, aceto e zucchero e il suo contenuto calorico è medio-basso.

Peccato però che il ketchup prodotto industrialmente si allontani molto dalla ricetta originale e casalinga, celando spesso insidie rappresentate da addittivi, quali i conservati (sorbato di potassio e acido benzoico), esaltatori di sapidità ed aromi sintetici. A questi, certo non trascurabili dettagli, si aggiunge il fatto che questo tipo di salsa piccante viene impiegato quasi esclusivamente per condire pietanze grasse e ipercaloriche, primi fra tutti enormi hamburger di carne di vitello e giganteschi piatti di patatine fritte (esse stesse salate in abbondanza), spesso in associazione con altri condimenti come la maionese.

A questo punto non possiamo non chiederci se davvero basti ridurre il contenuto di sale per fare del ketchup un prodotto più sicuro per i consumatori e se il vero problema non sia piuttosto rappresentato dal suo impiego come condimento prediletto dei consumatori incalliti di junk food, in qualunque parte del mondo essi vivano.

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